12 agosto 2017

Soldi buttati al vento

All'epoca dei condizionatori che consumavano kilowatt, e cioè prima di quelli a pompa di calore, decidemmo di raffrescare il salotto con un ventilatore a soffitto. Non aria raffreddata, ma l'illusione creata dall'aria calda che si sposta un po', per sopportare meglio la calda e umida estate padana.

Lo scegliemmo accuratamente, soprattutto per quanto riguarda lo stile: non una cosa da cascina con il filo a ciondolo e le pale marroni, ma tecnico, grigio e argento, con telecomando e un look moderno.
Solo montandolo, però, mi accorsi di un problema: la lampadina doveva essere alogena, tipo faretto R7, e con consumi inferiori a 70W.

Ora un faretto alogeno da 70W, consuma 70W e illumina anche poco, se deve stare al centro di un salotto, e a maggior ragione se dentro un vetro opacizzato.

Se il problema della ventilazione era risolto, avevamo introdotto quello dell'illuminazione.

Come ormai d'abitudine in questi casi: "Ask Google!".

Scoprii che esistevano delle lampade compatte fluorescenti (CFL), formato R7, che potevano sostituire le alogene, con più lumen e meno Watt.

Ottimo, pensai. Ordino le lampade su internet, aspetto qualche giorno, tolgo la lampada alogena, la sostituisco e via.
Primo problema: non si chiude più il vetro di copertura. La lampada è troppo alta.
Smonto il ventilatore, smonto l'attacco, e lo piazzo in modo che la lampada sia appoggiata su un lato, puntando verso la parete, invece che verso terra. Ora il vetro si chiude.

Secondo problema: la lampada non si accende. Lampeggia, ci prova, ma non arriva ad accendersi. Prova e riprova, ma non ne vuole proprio sapere. Mi consulto con i colleghi elettronici del lavoro. Mi dicono, guarda che l'alogena è regolabile, e probabilmente il componente elettronico che taglia la corrente non è compatibile con le lampade fluorescenti. Urca. E adesso?  Provo a smontare di nuovo il ventilatore. In effetti all'interno dell'elettronica c'è un TRIAC, che sega la sinusoide dell'alternata, che invece è necessaria per la fluorescenza.

Ormai è diventata una questione di principio. Ci deve essere un modo per far funzionare la luce e il ventilatore. Dopo un po' di consultazione, decido di modificare il cablaggio del ventilatore, portando la fase in ingresso direttamente alla lampada, scavalcando l'elettronica di controllo.

Sono fortunato: all'interruttore ho un secondo interruttore libero. Tiro un secondo filo nel corrugato e ora posso accendere e spegnere la luce dall'interruttore, ma non più dal telecomando.

Evviva! Ho luce! Ho vento! Ho vinto!

Ora mi rimane un dubbio: ma quante ore di lavoro mi è costato questo ventilatore?