13 ottobre 2019

Manutenzione della bicicletta fai-da-te: costi e attrezzatura

Supponiamo di convincerci che la bicicletta sia un mezzo di trasporto efficiente, economico e salutare. Potremmo fare degli esperimenti, e noleggiarla o farcela prestare da un parente o amico.

La bicicletta ci dà soddisfazione: giriamo per la città, andiamo dove le auto non possono andare, a volte superiamo le auto in coda. Magari si riesce a fare un giro fuori città. A volte torniamo a casa che ci sembra di aver fatto lavorare il nostro motore interno, con beneficio della circolazione e dell'autostima.

Ad un certo punto, decidiamo di buttarci nella mischia, e di diventare proprietari di una bici.
Supponiamo di acquistare una bicicletta da città o da escursionismo. Facciamo un investimento di capitale.


Protezione dell'investimento

La prima necessità che ha un mezzo meccanico come la bicicletta è di avere una casa, o un posto che la tenga per quanto possibile pulita e riparata.
Qui si aprono molti fronti, ma per la maggior parte dei possessori, non vi è molta scelta:
  • All'esterno ed esposta
  • All'esterno ma riparata
  • All'interno in ambiente non abitabile (garage, cantina, sottoscala)
  • In casa
Solitamente la scelta sarà obbligata, e sarà la migliore possibile in relazione all'entità dell'investimento iniziale. Vorrei farvi notare che, in generale, i metri quadrati e il volume occupato dalla bici, solitamente, non sono gratuiti. Inoltre, se non è dietro una porta sicura, sarà necessario investire in qualche sistema che ne scoraggi il furto.  A questo discorso ho accennato altrove, e mi propongo di affrontarlo ancora, magari citando dei numeri. In linea generale, più la bici rimane esposta, maggiore sarà il suo degrado meccanico e di conseguenza l'investimento necessario per tenerla in efficienza.

E se si rompe?

Prima o poi, se effettivamente maciniamo dei chilometri, arriva il doloroso momento del guasto, del cigolio, della bucatura.

Se siamo alle prime armi, ci affidiamo al nostro fedele meccanico, o all'officina più vicina, e cominciamo con la fase OPEX dell'investimento, cioè dove sborsiamo per manutenere o gestire il prodotto acquistato.

Ma succede che l'officina ha tempi lunghi, o è lontana, o semplicemente è domenica ed è chiusa, e s'insinua nella nostra mente il pensiero che certi lavori potremmo farli noi.

E qui inizia il divertimento.

Dopo anni di manutenzione fai-da-te delle nostre biciclette, ho cominciato a notare quanti ferri e quanti accessori ho accumulato e utilizzo per la manutenzione, e a volte mi sono anche chiesto se ne valesse la pena, e che investimento secondario avessi fatto per vedere così raramente il nostro amico dell'officina. Per non parlare dello spazio occupato da attrezzi, pezzi di ricambio e rottami, che, non si sa mai, potrebbero tornare utili...

Manutenzione: livello zero

Il primo intervento che dovrebbe saper fare qualunque pedalatore è mantenere la pressione delle gomme.
Attrezzatura necessaria: una pompa.

Opzioni Costo Ingombro Pro Contro
Pompetta a mano 5-15 Eur Cassetto Trasportabile Poco potente
Pompa a colonna 15-50 Eur 1 piastrella (0,04 mq) Più comoda e potente Non trasportabile
Compressore 50-150 Eur 10 piastrelle (0,4 mq) Si può usare anche per l'auto Ingombrante

30 settembre 2019

il signor Wong e altri blogger

Qualche tempo fa ho scritto una paginetta su SPF e i relativi meccanismi per difendersi da certi tipi di spam. Quella pagina era discorsiva, ma anche abbastanza tecnica e circoscritta ad un argomento molto specifico.

Questa pagina invece non ha un oggetto preciso, anzi, vaga qui e lì nel cyberspazio e tra le idee, senza arrivare a conclusioni.

Uno dei primi promotori ed esperti di SPF è stato il signor Wong, all'anagrafe Meng Weng Wong, che giustamente ha la sua voce su Wikipedia, ma solo in inglese.

E' nato a Singapore, da una famiglia colta e abbiente che gli ha pagato gli studi presso prestigiose scuole internazionali. Un ragazzo brillante, ha presto trovato i suoi spazi negli Stati Uniti d'America e su internet. Nel 1994 ha avviato una azienda che offriva servizi di email, e nel 2003 ha guidato il gruppo di progettazione dello standard SPF.

Dal 1999 al 2019 ha avuto il suo spazio personale su internet, ora scomparso, ma che si può trovare sul museo di internet, anche detto Internet Archive, o Way Back Machine. Qui, una delle ultime versioni, a quanto pare non più aggiornata dal 2008.

La home page del suo sito contiene alcune righe un po' CV, un po' diario, in cui indica che la sua presenza su internet è sparpagliata tra vari siti:
my distributed online identity touches Flickr, Twitter, Facebook, LinkedIn, and LiveJournal.
e, in particolare una riga, in cui indica che dal 2005 ha incominciato a tenere un blog.
20051029: I blog.
Il blog del 2005 si trova su livejournal.com, che è ancora vivo. LiveJournal nasce nel 1999 ed è descritto su questa pagina di Wikipedia. E' una sorta di FB allargato, dove invece di postare solo la foto, ci si dilunga anche con del testo, ma ci sono gli amici e gli amici degli amici.

L'ultimo post di Meng Wong su LiveJournal è del 2014, in cui parla di Bitcoin, tasse e sistemi di voto.

In particolare accenna al modo di fare politica chiamato "Dollar voting", che descrive i sistemi politici controllati da chi ha più soldi, cioè dove i ricchi hanno più peso nella scelta dei governanti.

Nella sua chiacchierata, cita un blogger italiano, Andrea Mairate, che in un breve articolo del 2012 critica il sistema di voto per delega transitiva, e voto proporzionale alla tassazione.

Guarda un po', Andrea Mairate, professore di economia, ha scelto la piattaforma Blogger per scrivere.

Così, torniamo in Italia e si completa il giro su Blogger, e anche voi potete tornare a cose più serie.

Altro italiano su Blogger: Andrea Biffi, fotografo, insegnante e fai-da-te

Detective informatici di Google: Project Zero, indagine su alcuni attacchi a IOS

18 settembre 2019

Copertoni anti-foratura fai-da-te

Come vi raccontavo in un post di due anni fa, l'estate e l'autunno sono, nelle nostre zone urbane, la stagione del Tribulus, il terribile fora-gomme o buca-bici, maledizione dei ciclisti e fortuna delle officine di riparazione.

Il Tribulus aspetta l'ignaro ciclista lungo i marciapiedi, le ciclabili e i sentieri urbani e non lascia scampo ai poveri indifesi copertoni della maggioranza delle biciclette da città.

Da tempo, stufo di riparare e sostituire camere d'aria, mi sono dedicato all'arte e alla scienza del rinforzo del copertone.

I ciclisti con la bici da corsa mi dicono che tenendo la pressione sui 7-8 bar, la gomma diventa talmente dura da respingere le spine.

Per le umili bici da città, a mio modesto parere, la difesa più efficace contro le spine infide del Tribulus è lo spessore del copertone. Questa è l'idea dietro la maggior parte dei copertoni anti-foratura in commercio, che ho già ampiamente pubblicizzato, tra cui gli Schwalbe Marathon e i Hutchinson Urban Tour.

Ho provato con le strisce di plastica di Decathlon, ma onestamente lo spessore mi è parso troppo esiguo (circa 1mm) per essere utile. Potrebbe funzionare facendo tre o quattro giri.



Per alcuni anni ho utilizzato delle strisce di moquette sintetica, spesse 2-3mm. Dopo un annetto circa, lo spessore si riduce notevolmente, fino a diventare inefficace.


I risultati migliori li ho ottenuti riciclando vecchi copertoni, a cui tagliavo la spalla, lasciando solo il battistrada. Spesso è necessario ridurre il diametro esterno del copertone, tagliando via quanto necessario per riuscire ad alloggiarlo all'interno del copertone da proteggere.


Nella foto sopra vedete il battistrada di un copertone da 28' alloggiato dentro un copertone del 26' di una MTB.

In quella sotto, un copertone MTB da 24', senza spalla e accorciato, dentro un 24'. Questa sistemazione non è ideale perché la tacchettatura del copertone riciclato, messa dentro, fa diventare un po' quadrato il copertone esterno. Però vi posso garantire che ha tenuto un paio d'anni prima di forare. :-)


(vedi anche post di aggiornamento del 2022)

02 settembre 2019

SIM Vodafone su Android: numero sconosciuto

Da quest'estate ho una carta SIM nel telefono che apparentemente non conosce il proprio numero.

Il telefono è gestito da Android 9. Ecco la schermata:



Si tratta di una SIM di Vodafone, che è andata a sostituire una SIM TIM, che non aveva questo 'problema'.

Ci sono alcune (rare?) situazioni in cui App o dispositivi esterni vogliono conoscere questo numero.

Nel mio caso, ad esempio, una App di terze parti che uso per lavoro, mi chiede il numero di telefono e poi mi dice che è sbagliato, perché non coincide con quello che riferisce il sistema operativo (ossia 'nulla' o 'sconosciuto').

Da chi dipende questo stato di cose? Posso modificare questa impostazione?

Leggere la SIM

Android 9 non prevede che questa voce sia modificabile. D'altronde, se l'informazione è gestita dalla SIM e il sistema operativo la legge dalla SIM, è anche ragionevole che sia così.

Questa ipotesi mi è stata fornita da questo forum di google (in inglese), che suggerisce di scaricarsi una App di terze parti per leggere i dati della SIM.

Per conferma, ho installato un App che legge i dati delle SIM

L'App mi conferma che il numero non è scritto, e anzi mi avvisa che, anche se fosse scritto, è solo un campo informativo, non obbligatorio, e non necessariamente corretto.

Da questo deduco che Vodafone, a suo piacimento, omette di scrivere il numero nel campo apposito, sulla SIM.

Potrei scriverlo io sulla SIM?

Scrivere sulla SIM

Secondo questo forum di Android, se hai i permessi di root, potresti scrivere sulla SIM. Potresti installare delle versioni del sistema operativo o delle applicazioni  di terze parti che consentono di modificare i campi scrivibili della SIM.

Una alternativa potenzialmente più semplice potrebbe essere quella di utilizzare un dispositivo non Android per scrivere sulla SIM. Ad esempio, un risponditore suggerisce di utilizzare un vecchio telefono Nokia per compilare il campo.

Non ho potuto verificare nessuna di queste alternative, per ora. Se dovessi sperimentare qualche sistema, vi aggiornerò.

Aggiornamento: Ho provato con un iPhone 4S, IOS 9. Non è ammessa la modifica del campo del numero di telefono. Su alcuni forum sostengono che il 3S fosse capace. Altrove si nominano i Nokia e il Panasonic T50.

Aggiornamento: Ho provato con un Samsung E1190 (del 2011) e un Nokia 2600 (del 2004) ma nessuno dei due ha l'opzione. Comincio a pensare che non sia così semplice...

Torna alla ribalta l'opzione di utilizzare un framework applicabile agli Android con permessi di root. Si chiama Xposed, e alcune nozioni le troviamo su questo post del sito WIZBLOG.it
Tra i moduli disponibili, un modulo specifico per poter modificare il campo del numero sulla SIM.

Aggiornamento: Ho provato con un Sony Xperia E4 Dual rootato, con Android 4.4 su cui ho installato Xposed in formato APK, (XposedInstaller_v2.6.1) e il modulo SIM editor - (com.gnufabio.simeditor_v21_e607ae.apk). Funziona!

31 agosto 2019

Lo ricomprerei: Bollitore Braun

A casa mia ci sono degli oggetti di uso comune che mi stupiscono per la funzionalità o la robustezza.

Più volte ho pensato che vorrei dedicare un post a questi oggetti che spesso diamo per scontato, e quindi do il via a un nuovo filone intitolato: "Lo ricomprerei."

Il primo oggetto che recensisco è il bollitore elettrico Braun, che utilizzo da oltre dieci anni e non ha mai dato segni di cedimento.

Lo usiamo per il tè, il caffè all'americana e le tisane, per preriscaldare l'acqua della pasta, per scaldare l'acqua della barba, insomma tutte le volte che abbiamo bisogno di acqua molto calda in poco tempo.

Il design è piacevole, e l'azzurro tenue del modello scelto per la nostra cucina non si impone all'occhio.

Come molti bollitori elettrici, ha una base circolare con cavo di alimentazione. Una finezza di design è la possibilità di avvolgere il cavo in eccesso all'interno della base, in modo che rimanga esposta solo la porzione necessaria per arrivare alla presa.

Come potete vedere dalla foto del fondo, il modello è WK210, da 2KW.  Incredibile ma vero, assemblato in Europa, in Repubblica Ceca.

La tacca del massimo livello di riempimento indica 1,6 litri.


Credo non si trovi più in commercio, ma vi lascio comunque il link su Amazon:
https://www.amazon.it/Braun-AquaExpress%C2%AE-WK-210-Bollitore/dp/B000MHUYJI

Due delle recensioni su Amazon indicano che i possessori l'hanno utilizzato per anni e anni senza noie: in un caso, più di dieci anni, nell'altro 24 anni!

E' chiaro che in questi casi, in un'ottica consumistica e di usa e getta, il produttore rischia il fallimento, perché una volta che satura il mercato, non c'è più domanda.

Grazie Braun!

27 giugno 2019

ricerca nei PDF, Python e Apache Tika

Questa settimana, al lavoro, ho dovuto rovistare nella spazzatura informatica, un compito apparentemente lungo e ingrato, ma che mi ha dato l'opportunità di conoscere uno strumento nuovo.

Il compito consisteva nell'analizzare un migliaio di file senza estensione e con nomi casuali (GUID) per attribuirgli l'estensione corretta e un nome basato sul contenuto che consentisse di identificare quelli utili, da conservare e quelli da scartare.

Nella mia scatola degli attrezzi, per fare questi lavoretti in ambiente Windows, utilizzo spesso il linguaggio Python. Nel caso specifico ho utilizzato la versione 3.6.

Disclaimer/Avvertenza: non sono un programmatore Python. Ho assemblato i programmini qui sotto in pochi minuti, modificando codice trovato su Internet. Non garantisco né per la correttezza, né per lo stile! 

Ricerca e memorizzazione del tipo di file

Con uno script in Python posso passare uno ad uno i file senza estensione e cercare nei caratteri iniziali qualche sigla, tipo "Magic Number" o "shebang" che mi dice che tipo di file sto elaborando.

Nello specifico si trattava di file PDF (estensione .pdf), Excel 2013 (estensione .xlsx) e XML (estensione .xml). Trascrivo il codice specifico per i file pdf.


import os

mydir = "./temp"
directory = os.fsencode(mydir)
print(directory)

substring = "%PDF"                #pdf

for file in os.listdir(directory):
    filename = os.fsdecode(file)
    filenamefullpath = os.path.join(mydir, filename)
    file_extension = os.path.splitext(file)[1]

    if not file_extension:

        # Open the file with read only permit
        f = open(filenamefullpath, encoding="Latin-1")
        found = False
        linen = 0
        # use readline() to read the first line
        line = f.readline()

        while (line and not found and linen<3):
            if linen == 0:
                print(filename)

            if substring in line:
                print ("Your substring was found!")
                found = True

            else:
                # use readline() to read next line
                line = f.readline()
                linen += 1

        f.close()

        if found:
            os.rename(filenamefullpath, filenamefullpath + '.pdf')

    else:
        continue

Così ho identificato i file pdf. Rimane da leggere il pdf per capire che tipo di documento è, e se il contenuto è utile.


Embed from Getty Images

Ricerca del contenuto

Se apro un pdf con un editor di testo (il mio preferito è Notepad++) non riesco a trovare il testo che vedo quando apro il pdf con un lettore di pdf come Adobe Acrobat Reader.  Il testo è nascosto o ricodificato in maniera da non essere immediatamente ricercabile come caratteri ASCII.

Ho tentato diverse strade, tra cui xpdf_python, che però si è immediatamente rivelata infruttuosa perché in Windows falliva l'installazione del modulo.

Grazie a Stack Overflow, ho trovato altri suggerimenti, tra cui l'utilizzo della libreria Apache Tika, che per vostra convenienza e cultura ho anche documentato su Wikipedia.


import os

from tika import parser

mydir = "./temp"

directory = os.fsencode(mydir)

print(directory)

substring = "RAPPORTO ANNUALE"                #RA

filename_prefix = 'RA-'

for file in os.listdir(directory):
    filename = os.fsdecode(file)
    filenamefullpath = os.path.join(mydir, filename)
    file_extension = os.path.splitext(file)[1]

    if file_extension == b".pdf":
        raw = parser.from_file(filenamefullpath)
        text = raw['content']
        # print(raw['content'])
        found = False

        if substring in text:
            print ("Your substring was found!")
            found = True

        if found:
            filenamenew = filename_prefix + filename
            filenamefullpathnew = os.path.join(mydir, filenamenew)
            os.rename(filenamefullpath, filenamefullpathnew)

    else:
        continue

Il codice andrebbe commentato, ma non vorrei annoiarvi.

Vi confesso che sono rimasto molto ben impressionato dalle funzionalità di Tika, che mi ha consentito di automatizzare rapidamente un lavoro da incubo se fatto a mano.

14 maggio 2019

Scuola Montessori e Ufficio Scolastico Provinciale

L'Ufficio Scolastico Provinciale

Prima si chiamava "Provveditorato agli Studi", poi Centro Servizi Amministrativo (CSA), poi Ufficio Scolastico Provinciale (USP), ora "uffici con competenza per ambiti territoriali" (AT). Questa l'evoluzione della denominazione dell'ufficio delegato dal Ministero della Pubblica Istruzione (MPI) per sovraintendere le scuole locali.

Questo post riassume la Direttiva protocollo n. 7551/FR del 7 settembre 2006 ed elenca tra i compiti dell'ufficio la

ricognizione, per ogni opportuna azione di supporto, dell’offerta formativa realizzata dalle istituzioni scolastiche;
 ricognizione e monitoraggio dello stato di assegnazione e di utilizzazione dei finanziamenti attribuiti alle istituzioni scolastiche autonome.
Ho deciso di cercare un incontro con il Dirigente dell'USP di Pavia, per esporre il mio caso personale e capire che percezione ha della situazione delle scuole di Pavia, e, in particolare, riguardo alla possibilità di avviare sezioni a didattica differenziata Montessori.

Le scuole pubbliche a Pavia

Pavia: 70 mila abitanti, 12 scuole primarie pubbliche (la vecchia Scuola Elementare), 4 plessi scolastici o scuole principali.

Nessuna sezione Montessori, nessuna sezione con frequenza solo di mattina.

Voglio capire se il Dirigente ha una responsabilità nei confronti di quelle famiglie che abitano a Pavia e che quotidianamente affrontano chilometri in auto per portare i propri figli ad una scuola lontana perché in città l'offerta è carente.

Idem per le famiglie che decidono di affrontare spesi ingenti per iscrivere i figli a scuole private (paritarie) che offrono il pomeriggio libero, perché la scuola statale non offre questa possibilità.

Voglio capire se l'ufficio provinciale ha la sensazione che ci sono famiglie che non sono soddisfatte da quello che offre la scuola pubblica a Pavia.

L'incontro

Dopo vari tentativi telefonici infruttuosi da ambo le parti, scrivo una mail e infine riesco a parlare con una signora gentile che mi spiega che c'è un impiegato assegnato alle relazioni con i genitori.

A questo punto ci diamo appuntamento e, non mi sembra vero, una mattina mi trovo seduto alla scrivania di una affabile maestra "distaccata", cioè non in servizio in aula, ad esporre il mio caso.

Insieme con me ho invitato anche una rappresentante dell'associazione dei genitori promotori del metodo Montessori, sia per confermare date e numeri che per cogliere qualunque proposta costruttiva dovesse emergere a favore del cambiamento.

A tre, raccontiamo le nostre esperienze, analizzando punti dubbi o critici, e, con pazienza, l'impiegata cerca di spiegarci il ruolo del suo ufficio.

I ruoli delle parti

Molto riduttivamente, ho capito che l'Ufficio Provinciale si interessa dell'offerta formativa solo per questioni amministrative.

Quando le scuole propongono il numero di nuove classi e per ciascuno il numero di alunni, l'Ufficio verifica che la proposta sia compatibile con il numero totale di insegnanti assegnati alla Provincia. Verifica che le classi rispettino i vincoli numerici e le quote "stranieri".

L'offerta è a totale discrezione del Direttore o Direttrice del plesso, in conformità alle indicazioni ministeriali sull'autonomia degli istituti scolastici, e ogni plesso tende a soddisfare le richieste della maggioranza delle famiglie.

In una città come Pavia, dove nella maggior parte delle famiglie lavorano entrambi i genitori, se 80% dei genitori vuole il tempo pieno, partiranno classi a tempo pieno. In generale, dato che le scuole sono in competizione fra loro per ottenere risorse economiche e di personale, non è mai nell'interesse di una scuola primaria proporre classi con meno ore e quindi impegnare meno organico.

Solo una scuola che ha almeno quattro classi nuove potrà mettere insieme abbastanza genitori che non lo vogliono per far partire una classe che fa meno rientri pomeridiani.

Nessuno, tanto meno l'Ufficio Provinciale, verrà a chiedere ad un Dirigente di prendersi carico delle richieste di minoranza.


Per quanto riguarda le sezioni differenziate a metodo Montessori, il discorso si fa ancora più complesso. Infatti per offrire una sezione a metodo differenziato, gli insegnanti devono essere qualificati. La formazione Montessori con l'Opera Nazionale Montessori costa 550 ore e qualche migliaio di euro, normalmente a carico dell'insegnante. Se spalmate 550 ore sulle sere e i weekend, e pensate che i corsi non sono solitamente sotto casa, ma magari in una città ad un'ora di auto, iniziate a capire come mai l'Italia non è piena di maestri e maestre montessoriane.

Dunque, supponiamo che esista una scuola primaria che ha un organico stabile di 20 insegnanti e voglia istituire una sezione a didattica differenziata. Ebbene, dovrà trovare due insegnanti qualificati, e far uscire due insegnanti non qualificati. Si capisce bene che questo solitamente non avviene, se non per via di trasferimenti o pensionamenti.

Le conclusioni

Dal mio colloquio di oggi, assolutamente informale e senza riferimenti bibliografici, ho capito che la "scuola della mutua" non ha, almeno a livello provinciale, obiettivi istituzionali che vadano fuori dal rispetto delle leggi e delle direttive amministrative.

Ho trovato gentilezza, cordialità e anche passione per l'attività e la missione svolta in questo ambito così delicato e importante per la nostra società. Ma, come spesso succede, l'iniziativa è lasciata all'individuo per le scelte e alle associazioni di genitori per le proposte di cambiamento.

Io, come genitore, sono responsabile dell'istruzione dei miei figli, e voglio continuare a provarci.


03 maggio 2019

Escursionismo e internet

Da ragazzo amavo fare le camminate in montagna; organizzavamo le uscite con i miei amici in base alla stagione, ai mezzi di trasporto e alle cartine dei sentieri.

Anche oggi amo fare le passeggiate in montagna, e internet e mappe online ci hanno cambiato la vita. Spesso riesco a cavarmela anche senza cartina! Però oggi ho esigenze diverse e devo avere una buona idea del grado di impegno richiesto, per sapere chi tra amici e familiari è in grado di completare il percorso.

Vorrei segnalarvi alcune risorse che ho utilizzato, che non hanno la pretesa di essere perfette o di coprire ogni esigenza, ma hanno funzionato bene per me che vivo in Lombardia, e faccio soprattutto uscite in giornata.

Un portale comunitario che raccoglie percorsi, testimonianze, segnalazioni e un forum per scambiarsi informazioni è gulliver.it. Molto efficace e rapido nella consultazione, è uno dei primi posti dove vado a cercare cosa c'è in una certa zona.

Altro punto di riferimento, specifico per il Nord Italia, è Zaino in Spalla di Fabrizio Bellucci, detto Bicio, che raccoglie centinaia di schede molto dettagliate di passeggiate ed escursioni.

Internet è una miniera d'oro per i cercatori, e sono sicuro che ci sono altre fonti utili. 
Aspetto vostre segnalazioni.

Intanto, buon cammino! 

25 aprile 2019

GSE e burocrazia borbonica


La mia banca ha completato una operazione di fusione/acquisizione e di conseguenza ha cambiato il codice IBAN del mio conto, per la terza volta in dieci anni.

E' stata gentile a cercare di minimizzare l'impatto sulle mie transazioni economiche, ma su alcune realtà è necessario intervenire a manina.

In particolare il Gestore dei Servizi Energetici (GSE), che mi riconosce dei soldi in cambio della corrente elettrica che genero attraverso l'impianto fotovoltaico, ha una storia di burocrazia borbonica che trovo paragonabile solo a certi uffici comunali, o alla giustizia italiana.

Le istruzioni

Nelle pagine di assistenza tecnica del GSE si trovano le istruzioni, abbastanza dettagliate per il vero, in cui si spiega che l'unico modo per modificare le coordinate bancarie è attraverso le funzionalità dell'area clienti.



Qui inizia il calvario.

Il sito web GSE è in realtà una collezione di siti diversi, realizzati da agenzie e imprese diverse, senza alcuna continuità tecnologica, logica o grafica.

Lo screenshot sopra è preso dal sito pubblico.
Vi risparmio le schermate di login.

Area Clienti GSE

Superati tutti gli avvisi di Firefox sulla sicurezza del sito, dovuto ad un certificato SSL interno che non punta ad una autorità di certificazione pubblicamente riconosciuta, accettando tutti i rischi, si arriva all'area clienti, o meglio a quella di più alto livello. 
(per i meno tecnologici, stiamo parlando di quel triangolo arancio sul lucchetto nell'indirizzo del sito)

Da qui si possono modificare alcune informazioni dell'anagrafica, ma non l'IBAN. Troppo facile.
È necessario addentrarsi nei vari contratti stipulati con il GSE, e per ognuno seguire le istruzioni di cui sopra.

Area Fotovoltaico

Come sopra, bisogna di nuovo superare tutti gli avvisi di sicurezza del browser, perché il server è diverso, e i consensi dati prima non valgono.
Ah! E ricordatevi di controllare sempre in alto il blocco dei pop-up! Ad ogni nuova schermata bisogna dare un nuovo consenso ai pop-up.
Accedendo all'area Fotovoltaico ci troviamo davanti ad una vasta pagina bianca, generata da un sito aspx, in grigio e azzurrino, con una grossa freccia verde, da cui accedere ai sottolivelli successivi.
Se non ve lo ricordate a memoria, dovete andare a controllare quale conto energia avete sottoscritto, cinque, dieci o quindici anni prima, per poi addentrarvi nella sezione relativa.

Se seguite fedelmente le istruzioni, vi troverete un pop-up che vi propone di:
  • inserire il nuovo IBAN
  • scaricare il pdf con la richiesta, 
    • stampare 
    • firmare
    • scansionare
  • caricare il pdf stampato, firmato e scansionato
  • caricare il documento di identità

Scambio sul posto

Come sopra, bisogna di nuovo superare tutti gli avvisi di sicurezza del browser, perché il server è diverso, e i consensi dati prima non valgono.
Ah! E ricordatevi di controllare sempre in alto il blocco dei pop-up! Ad ogni nuova schermata bisogna dare un nuovo consenso ai pop-up. (Ve l'avevo già detto?)
Altro sito aspx, questa volta in verde e grigio, con un menù orizzontale sotto il logo. 
Se seguite fedelmente le istruzioni, vi troverete un pop-up che vi propone di:
  • inserire il nuovo IBAN
  • scaricare il pdf con la richiesta, 
    • stampare 
    • firmare
    • scansionare
  • caricare il pdf stampato, firmato e scansionato
  • caricare il documento di identità
Direte, ma come, non le avevo appena inserite? Troppo semplice.
Nossignore, si tratta di un secondo contratto, e bisogna fare tutto daccapo.

Tutto qui?

A questo punto, sempre che non sia arrivata prima l'ora di pranzo, cena, dormire, e che nessuno vi abbia interrotto nella vostra navigazione della burocrazia, dovete solo aspettare 60 giorni per vedere che tutto sia andato in porto.
Internet? Dematerializzazione? Semplificazione amministrativa?
Tutte queste cose hanno il loro prezzo e i loro tempi. 
Tu ci hai messo due ore circa, loro hanno sessanta giorni.

01 aprile 2019

Sostituire i raggi della bici: cose da sapere prima di cominciare

Ho una vecchia Touring by Bianchi che funziona bene come bici da città.

La ruota posteriore però ha iniziato a cedere, un raggio alla volta.

Il mio aggiusta-bici ci ha messo una pezza, sostituendo il raggio con il cosidetto "gancio", una volta, poi due... Alla terza, la ruota iniziava ad essere storta e non si riusciva a raddrizzare, e la mia officina di fiducia ha detto che per loro era spacciata.

La ruota, una Radaelli in acciaio, 28x1 5/8, mozzo Ofmega, a mio modesto parere, non era da buttare, ma la strada per sostituire i raggi era ignota e in salita.

Oggi ho terminato il lavoro, e vi racconto alcune cose che bisogna sapere prima di cominciare un lavoro del genere.

Tiraraggi

Se non sapete cos'è un tiraraggi non partite nemmeno. Ci vuole una certa pratica con i raggi e il tiraraggi per raddrizzare la ruota dopo la sostituzione.

Dima di centratura

Una volta montati i raggi, la ruota sarà molto storta. Idealmente ci vuole un sistema di riferimento a banco, ma ci si può arrangiare con un sistema artigianale o montando la ruota sulla bicicletta. Serve un gessetto o un listello rigido da far strusciare sul lato della ruota per trovare le zone bombate.

Rimozione del pacco pignoni

Solo per i raggi lato pignoni. Bisogna capire il modello di pignoni, risalire all'attrezzo/chiave specifico per quel gruppo di pignoni, acquistare la chiave e riuscire a rimuovere il pacco pignoni.
La rimozione può essere molto impegnativa. Nel mio caso due officine hanno provato e rinunciato. Io ci sono riuscito utilizzando una chiave della Park Tool, parecchio WD40, una morsa e una leva lunga un paio di metri. :-)

Raggi

Recuperare i raggi non è semplice. Innanzitutto bisogna capire esattamente la misura dei raggi utilizzati. La cosa più semplice potrebbe essere di smontarne uno e portarlo all'officina per farla misurare.

Il fai da te può riservare sorprese. Armarsi di calibro per il diametro e di un sistema di misura dedicato per la lunghezza. La misura della lunghezza include la filettatura e arriva al raggio di curvatura interno. I miei raggi, lato pignoni, misurano 300mm, inclusi 7mm di filettatura, e hanno un diametro di 2mm.

Secondo John Allen, il partner del mitico Sheldon Brown, è ammessa una tolleranza di 2-3mm, ma le conseguenze del montaggio di una misura sbagliata sono piuttosto gravi: infatti un raggio lungo non tira, e un raggio corto rischia di rompersi nella zona della filettatura.

Poi bisogna trovare un fornitore. Il primo posto dove cercare è sempre l'officina di fiducia. Nel mio caso, sono stato davvero fortunato: il mio meccanico le ha trovate identiche e me le ha regalate, dicendo era materiale vecchio di cui doveva disfarsi! Ci sono fornitori online che offrono una gamma molto ampia di misure e materiali.

Se si ha intenzione di sostituire tutti i raggi, si può optare per un diametro maggiore, ma bisogna mettere in conto anche la sostituzione dei nipli (teste) e di conseguenza anche della banda copriraggi interna al cerchio.

Quanti raggi servono? La mia ruota ne ha 18 per lato. Una volta che cominciano a rompersi per "vecchiaia" è meglio cambiarli tutti, o almeno tutti da un lato. Anche perché il lavoro per cambiarne uno non è molto diverso dal lavoro necessario per cambiarne 18.

Segnatura dei raggi. Una volta che si comincia a sostituirli, conviene sapere quali sono quelli nuovi e quali quelli vecchi. Si può usare un pennarello indelebile, o del nastro adesivo.

Istruzioni per la centratura

Una volta sostituiti i raggi manca solo la parte più lunga e delicata, la centratura o allineamento della ruota. Dovete trovare delle istruzioni per la centratura, ma come detto all'inizio, se non avete un minimo di confidenza con il tiraraggi, cercate di fare pratica, prima di avventurarvi.

Su Park Tool trovate alcune indicazioni, che riassumo per semplicità qui.

1. Il primo allineamento da cercare è quello laterale. La ruota non deve strusciare sui freni o forcella. Allentare o stringere i raggi nella zona bombata. Allentare dal lato della sporgenza, o tirare dal lato dell'incavo.
2. Centratura radiale: la ruota deve assomigliare ad un cerchio. Se la ruota è ovalizzata, stringere o allentare in modo che il cerchio abbia la stessa distanza dal mozzo in tutti i punti.
3. Centratura rispetto al mozzo. Non entro in merito.

Conclusione

Per sistemare una ruota anteriore o posteriore lato libero, le cose si semplificano un po', ma sappiate che dovete armarvi di attrezzi specifici e tanta pazienza per poter portare a termine il lavoro.

Buon fai da te!

09 marzo 2019

CD Audio: copia FLAC


I CD hanno vita limitata, e forse ancora di più i lettori CD.

Come conservare la musica faticosamente accumulata negli anni?

Molti di voi mi risponderanno: "Non la conserviamo: la scarichiamo direttamente da internet."

Ma capita di avere dei CD che non si trovano su internet, o non trovare i siti da cui scaricare i file audio, o semplicemente non voler entrare su siti di dubbia reputazione, che potrebbero mettere a rischio il mio computer.

A questo punto ci armiamo di pazienza, di computer con lettore CD e ci organizziamo per copiare le tracce su un computer o disco esterno, in formato MP3.

Ma se vogliamo conservare la qualità dell'audio?

Utilizziamo il formato FLAC, un codec audio libero con compressione dati lossless, cioè senza perdita di qualità

E chi ci aiuta in questo mestiere?

Entra in scena Exact Audio Copy.

Riferimenti in italiano:
* dal sito di Salvatore Noschese, un articolo di @kuronekos: https://www.laltroweb.it/eac-exact-audio-copy-come-impostarlo-e-come-eseguire-rip-in-flac-r144/
* dal sito ilsoftware.it: https://www.ilsoftware.it/forum/viewtopic.php?t=88820

Riferimenti in inglese:
* https://www.techradar.com/how-to/how-to-rip-your-cds-to-flac

27 febbraio 2019

Raspberry Pi: avviare un servizio all'accensione

Un appunto veloce per spiegare la soluzione che ho scelto per avviare un servizio all'avvio del Raspberry, soprattutto pensando ai miei lettori italiani, che non hanno sempre voglia di tradurre o farsi tradurre le pagine in inglese.

L'obiettivo: far partire uno script in Python che funziona da servizio, cioè parte in automatico e gira all'infinito o fin quando non viene interrotto manualmente. Nel mio caso si tratta di un programma scritto da me che per ora non ha neanche una interfaccia grafica, e forse non l'avrà mai.

Cinque soluzioni

Ci sono diversi modi per arrivare al risultato, come ho potuto verificare nelle mie ricerche.
In un articolo del sito Dexter Industries, vengono elencati 5, dico cinque modi diversi:
  • rc.local
  • .bashrc
  • init.d
  • systemd
  • crontab

rc.local

Ho provato il metodo rc.local, ma ho trovato subito delle difficoltà perché lo script in Python non trovava le librerie (import) e neanche i file locali che doveva aprire.

Per vedere gli errori ho eseguito da terminale il comando inserito nel file rc.local:

sudo python /home/pi/sample.py 

In pratica il sistema operativo non aveva finito di caricare l'ambiente, o io non ero stato in grado di dargli il contesto corretto in cui far girare lo script.

init.d

Il metodo init.d perché, nell'articolo citato, mi proponeva di copiare il programma nella cartella init.d.

sudo cp /home/pi/sample.py /etc/init.d/ 

A me questo metodo non piace, perché sto facendo lo sviluppo nella mia home, e vorrei lasciare tutto lì. Non vorrei cartelle duplicate e programmi duplicati.

systemd

Questo metodo sembra un po' più lungo e complesso, perché richiede
  1. di scrivere un file di istruzioni, detto "Unit File" o "Service File" e 
  2. di inserirlo tra i servizi di sistema
In realtà è proprio il sito del Raspberry a fornire delle indicazioni dettagliate corredate da un esempio per creare il file e i comandi necessari per avviare il servizio.

Queste istruzioni hanno funzionato per me al primo colpo ed è stato il metodo che ho preferito, per diverse ragioni:
  1. ho un file di descrizione del servizio separato dallo script/programma/servizio vero e proprio
  2. la granularità del controllo, o in parole semplici, la possibilità di definire diversi parametri come la "Working Directory"e definire eventuali dipendenze (es. avvia solo dopo aver avviato la rete)
  3. poter continuare a sviluppare e fare i test in una directory a piacimento,
  4. poter arrestare e riavviare il servizio con i comandi standard di Linux (systemctl)
Buon divertimento con il Raspberry!

17 febbraio 2019

il lettore Kindle in mano al bambino

Siamo una famiglia che legge più della media. A Natale è arrivato un bellissimo regalo ad uno dei miei figli: un Kindle PaperWhite.


Prontamente ho avviato l'impostazione dell'account e insieme abbiamo trovato i primi libri sul negozio elettronico. Chiaramente l'account è il mio ed è collegato ai meccanismi di pagamento impostati su Amazon.

Comprare un libro? No problem

Terminati i primi libri, la giovane lettrice in questione ha subito cercato una nuova serie dello stesso autore, e, ottenuta l'autorizzazione, ha avviato l'acquisto.

Con mia grande sorpresa, il Kindle non ha chiesto password né codici, niente di niente. L'acquisto fila via liscio e mi ritrovo l'addebito sul conto.

La cosa mi lascia molto perplessa, e ricontrollo quattro volte le impostazioni dell'account: non c'è l'acquisto con singolo click, non ci sono flag del tipo, "Ricordami" o "Non mi chiedere niente, compra e vai!". Sembra tutto ok, lato account Amazon.

La cosa si ripete in una seconda occasione, e capisco di avere in mano una bomba ad orologeria.

Time, clock, bomb pictures
Finalmente oggi, in occasione dell'ennesimo acquisto, raccolgo le mie energie e mi metto di traverso. "Fermi tutti! Questa cosa deve finire!"

La soluzione: Kindle FreeTime

Indago un po' e scopro l'esistenza di Free Time. E' il nome che Amazon ha dato agli account dei minori utilizzatori del lettore Kindle ed è collegato ai "Parental Control" ossia al controllo genitoriale.

Con "Free Time" il genitore imposta la password di "Parental Control" ed è solo inserendo questa password che il bambino può accedere al negozio online. Non solo, una volta acquistati i libri, il genitore deve esplicitamente aggiungerli alla lista visibile al bambino.

Trovate le istruzioni sul sito di Amazon, e un articolo più panoramico in questo blog di Micaela.
In inglese, invece trovate un post ancora più dettagliato sul sito pocket-lint.



19 gennaio 2019

email, spam, SPF

Ho un amico, Mario R., che lavora alle poste. Ogni tanto ci scriviamo, ma visto che siamo negli anni duemila, ci scambiamo delle email, anche se potrebbe perdere il lavoro perché nessuno più scrive lettere.

Un giorno mi scrive dal suo indirizzo mario.ruoppolo@ilpostino.it e mi inoltra una mail, proveniente anch'essa dallo stesso indirizzo.

Questa mail, però, non sembra scritta da lui. Infatti è minacciosa e anche un po' offensiva, e chiede dei soldi in bitcoin, che Mario non usa. L'autore dice di avere le sue password e anche filmini di Mario che potrebbero metterlo in imbarazzo se postati su Facebook.

Per questo motivo Mario, un po' allarmato, mi ha girato la mail e mi chiede se veramente qualcuno è entrato nel suo account di posta e ha scritto la mail usando il suo computer e come ha potuto.
https://www.film.it/
Dalla mail girata non si capisce quale sia il computer di origine di quella mail, ma sono abbastanza sicuro che non sia il suo, e nemmeno quello del suo gestore di posta elettronica.
Mi sembra più probabile che qualche furbetto avesse scritto la mail da chissà dove, e poi avesse appiccicato sulla busta l'indirizzo del destinatario come mittente.

E' proprio quello che fanno alcuni truffatori, e a giudicare dalla frequenza con cui mi recapitano questo tipo di email, sembra che non muoiano di fame. In inglese si chiama SPOOFING, mandare messaggi firmandoli col nome di un terzo.

Peggio ancora, potrebbero usare l'indirizzo di Mario per chiedere soldi a terzi, ad esempio inviando una finta raccomandata, o un pacco con contrassegno.

Come fa Mario a essere sicuro che l'email che dice di provenire da mario.ruoppolo@ilpostino.it arrivi davvero dal computer che gestisce la sua email? E come fa a garantirlo al resto del mondo?


Photo by rawpixel.com from Pexels

Entra in scena una tecnica che si chiama Sender Policy Framework o SPF, descritta formalmente nel RFC7208

Funziona più o meno così:
  • io che sono il gestore del dominio "ilpostino.it" faccio un elenco di tutti i computer che possono inviare email da indirizzi che finiscono per "@ilpostino.it", e lo metto su internet in modo che tutti possono leggerlo (per i più tecnici, li elenco nei record DNS).
  • tu che ricevi la posta e vuoi fare un controllo su una email che riporta come mittente mario.ruoppolo@ilpostino.it:
  1. apri l'intestazione dell'email, 
  2. leggi l'indirizzo del computer che ha inviato la mail e 
  3. vai a vedere su internet se il dominio "ilpostino.it" manda le mail dallo stesso computer che ha inviato l'email che stai controllando. (Per i più tecnici, confronti l'IP del mittente con gli IP elencati nei record SPF del DNS).
Se i computer coincidono, bene. Se non coincidono, butta via l'email.

Se io, gestore del dominio, non li ho elencati, nulla si può dire, e devi affidarti ad altri metodi per capire se la missiva è buona o da scartare.



SPF è in uso dal 2004, ed è frutto del lavoro di un po' di gente, tra cui Meng Weng Wong, un signore originario di Singapore (un personaggio interessante, di cui mi propongo di raccontarvi in seguito).

Per verificare se il tuo gestore utilizza l'SPF puoi fare dei controlli su dei siti pubblici e gratuiti come questi:
Da qui ho scoperto che l'amministratore di sistema di Mario non usa SPF. Così, insieme, l'abbiamo impostato, e ora Mario è più tranquillo.

Ci sono altri blogger che hanno tentato di spiegare questi meccanismi senza troppa fuffa, come Andrea Marucci di Como:
https://www.tuttosullapostaelettronica.it/blog/cosa-e-spf-e-come-leggere-un-record-spf/

L'SPF non è un toccasana per tutti i domini e tutte le esigenze, se no lo spam non esisterebbe più, ma se volete verificare se la vostra posta elettronica è protetta da questo tipo di frode, ora avete qualche elemento in più per capirlo.

13 gennaio 2019

Metodo Montessori: questo sconosciuto

Come scrivevo in questo post del 2016, a Pavia, o ad essere precisi, a Sommo (PV), da qualche anno alcuni bambini hanno avuto la possibilità di frequentare asilo e scuola primaria secondo il metodo Montessori.

L'iniziativa nasce da un gruppo di mamme a Pavia che si sono date molto da fare, sia per pubblicizzare il metodo, attraverso conferenze e presentazioni, che per avviare concretamente l'asilo e la scuola attraverso un faticoso lavoro di collaborazione con le istituzioni locali.

Dopo un paio di anni di contatto con questa realtà, durante i quali ho assistito ad alcune presentazioni e ho dedicato qualche ora ad approfondimenti personali,
la domanda sorge spontanea
come diceva Antonio Lubrano.

Mi sono più volte domandato perché da quarantacinque anni ad oggi, il metodo Montessori non sia stato diffuso nelle scuole italiane.
Così scriveva Don Luigi Sturzo nel lontano 1952. Sono passati quasi 70 anni, e a questa domanda hanno provato a rispondere in tanti, tra cui Don Luigi stesso in questo articolo "Ricordando Maria Montessori", dal quale cito ancora (e che potete leggere in  questo sito montessoriano).

Allora come oggi, debbo dare la stessa risposta: si tratta di vizio organico del nostro insegnamento: manca la libertà; si vuole l’uniformità; quella imposta da burocrati e sanzionata da politici. Manca anche l’interessamento pubblico ai problemi scolastici; alla loro tecnica, all’adeguamento dei metodi alle moderne esigenze. Forse c’è di più: una diffidenza verso lo spirito di libertà e di autonomia della persona umana che è alla base del metodo Montessori.

(enfasi mia)

Questo testo si trova nei paragrafi conclusivi dell'ampia sezione biografica del libro "Dio e il Bambino e altri scritti inediti" 2013-2016, Editrice Morcelliana, a cura di Fulvio De Giorgi.

In questi frammenti di blog, faccio precedere la domanda ad altre considerazioni sul pensiero e sull'opera di Maria Montessori.

Personalmente, ritengo che storicamente, non si può prescindere dal veto al metodo Montessori imposto dal fascismo. Sempre da Fulvio De Giorgi prendo questa citazione di Umberto Benigni, antimodernista e spia dell'OVRA , che nel 1932 scriveva che non vi era
 "nulla di più spiritualmente antifascista" 
del Metodo della Montessori.

Nel 1934 la Dottoressa e il figlio Mario abbandonarono l'Italia e si trasferirono in Spagna. 
Le scuole montessoriane vennero chiuse (come anche nella Germania nazista) e nel 1936 il ministro De Vecchi soppresse anche la Regia Scuola del Metodo.

Potè rientrare solo il primo maggio del 1947. Tredici anni di buio montessoriano in questo paese.

E dopo la seconda guerra mondiale?

Mi riprometto in qualche post successivo di pescare altre pillole di saggezza di questa straordinaria donna per continuare l'indagine.