Tasse semplici
Le tasse, secondo il filosofo ed economista Adam Smith, devono essere semplici, efficaci e soprattutto produrre un entrata che sia maggiore dei costi per la riscossione.
E' con questo spirito che nell'anno 1974 in Italia è stata abolita la tassa sul cane. Veniva pagata su iniziativa del proprietario, la pagavano in pochi, era impopolare e ritenuta iniqua, ma soprattutto i costi di registrazione, riscossione e di applicazione superavano di gran lunga le entrate.
E' con questo spirito che la tassa sulla televisione è entrata nelle bollette della corrente elettrica. Per avere la televisione ci vuole un impianto elettrico. Se hai una casa con impianto elettrico, in 99% dei casi avrai anche una televisione, e quindi ti faccio pagare.
Le tasse semplici sono quelle ritenute in maniera più o meno automatica alla fonte, come l'IVA e la tassa sullo stipendio del dipendente (IRPEF). Le tasse sui profitti aziendali sono più difficili da calcolare, riscuotere e tracciare.
Tasse eque
Il problema con questo metodo è che la percezione del tassatore è assai diversa dal sentimento del soggetto tassato. Come è naturale comprendere e evidente a tutti, il ricavo è ben diverso dal guadagno. Se la mia azienda ha venduto per 1 milione, ma ne ho spesi 900.000, lo stato non mi deve chiedere conto del milione, ma dei 100.000 che mi sono rimasti a fine esercizio.
Lo stesso principio vale per le entrate del singolo. Se guadagno 100 K all'anno, ma per mantenere il mio stile di vita ne spendo 90.000, mi si storce il naso a pensare che lo stato mi tassa sui 100 K.
Per questo motivo è stato introdotto il concetto di 'detrazione' e 'deduzione'.
E' qui che casca l'asino.
Infatti, se per detrarre e dedurre, devo spendere decine di ore del mio anno fiscale, e fare conti complicatissimi, che coinvolgono franchigie (soglia minima non deducibile), tetti (soglia massima oltre il quale non deducibile) e percentuali, e dimostrare in più modi la spesa effettiva, e dimostrare che l'ho fatta per un motivo che le regole accettano come giustificato, e in cambio avere una deduzione percentualmente bassa rispetto all'esborso, allora la tassa non è più né semplice, né efficace.
Sento dire: "mi conveniva pagare in nero", o "è più il tempo perso, che il ricavo".
Quando lo Stato ogni anno cambia le regole, ti impone l'onere della correttezza e attribuisce l'intenzionalità nell'errore, e per ogni errore ti penalizza in maniera sproporzionata, il sentimento comune è che c'è avversità, astio e tracotanza da parte dello Stato verso il contribuente. In questi anni, a testimonianza di questo disagio, hanno avuto luogo diversi episodi di espressione di malcontento dei commercialisti, oberati da normativa in continuo cambiamento, regole poco chiare, e la sensazione di trovarsi tra l'incudine e il martello dell'Agenzia delle Entrate e del contribuente (giustamente) esasperato.
Tasse semplici ed eque
Se lo Stato ha una politica economica di stampo consumista, e misura il successo economico con il PIL, ogni transazione già tassata (ad esempio tramite l'IVA) e versata ad un soggetto nazionale dovrebbe essere automaticamente deducibile.
Più spendo, più gira l'economia e aumenta il PIL e più lo stato è contento e ricava tasse.
A maggior ragione, se le mie spese sono 'obbligate', tipo mutuo, affitto, assicurazione, spese scolastiche, manutenzione della casa, viaggio per lavoro, spese bancarie, medicinali, ecc. ecc. Queste spese dovrebbero essere dedotte automaticamente, al 100% e senza impegno del contribuente.
Non sarei felice di essere tassato sui miei ricavi, i mei risparmi, quello che mi rimane a fine anno, ma me ne faccio una ragione, soprattutto se la tassazione è chiara, semplicemente computabile e progressiva. Potrei fare più semplicemente i conti, tra risparmiare e spendere, e valutare in che misura preferisco godermi l'oggi ed essere pronto per il domani.
Sono sicuro che non sto dicendo una novità. Sono sicuro anche di aver semplificato troppo.
Mi mancano i riferimenti bibliografici per approfondire questo tema.
Cosa dovrei leggere secondo voi?
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