06 febbraio 2020

Armadio IKEA PAX: aggirare l'angolo

Abbiamo pensato di nascondere alcuni oggetti di uso comune sparsi per la sala pranzo in un armadio.

Dopo qualche mese di indagini, di consultazioni su Pinterest e centinaia di foto trovate da Google,  abbiamo pensato ad un armadio bianco, poco profondo, per non rubare troppo pavimento alla nostra sala.

Guarda caso, corrisponde ad una delle possibilità offerte dalla gamma PAX di IKEA: profondità 38cm circa, pensato proprio per gli ingressi, le sale e tutti gli altri posti che non sono le camere e le cabine armadio.

Nella nostra fantasia, l'armadio girava anche l'angolo della sala, e dava continuità alle proporzioni tra muri e finestre.

https://www.ikea.com/it/it/cat/pax-guardaroba-componibile-19086/

Epperò.

Epperò, il modulo ad angolo esiste, ma solo per i moduli profondi 50cm. Ahi.

Epperò, se uno ci tiene tanto, lo trova un modo.

E pensa che ti ripensa, alla fine questo angolo da 38cm l'abbiamo fatto uscire.

Dato che non l'ho trovata documentata altrove, voglio rendervi partecipi dell'idea e della sua realizzazione.

Ho preso un modulo da 75cm, e l'ho 'annegato' nell'angolo, lasciando fuori lo spazio per un'anta da 50cm.
Putroppo perdo la differenza di 38 - 25 = 13 cm nell'angolo.

schizzo in pianta


vista dall'alto

OK, mi direte. Ma cos'è quella zona marrone in truciolato tra i due armadi?
Beh, nel progetto iniziale, se osserverete attentamente, non ho disegnato i pomelli delle ante.

Uno dei miei capi mi citava spesso una frase del tipo "The devil is in the detail" ossia, il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. 
Il pomello, per quanto piccolo, occupa anche lui dello spazio, e interferisce con l'anta che fa angolo. Non solo, l'anta stessa del modulo ad angolo fa un percorso, nella sua estremità, che interferisce con l'anta vicina, che è in rilievo rispetto alla struttura.

Per questo motivo ho dovuto inserire un distanziale di 3,6cm fra i due moduli, sul lato lungo, costituito da due pannelli in truciolato spessi 1,8mm, opportunamente bordati di bianco.

le due ante dell'angolo, e il distanziale

particolare del pomello e distanziale
Aggiornamento, 27 febbraio 2020:
Lo stesso problema era stato posto nel sito degli IKEA Hackers, e già che mi ero impegnato a documentare una soluzione, l'ho proposta a loro come "hack".

La trovate, in inglese, a questo link:
https://www.ikeahackers.net/2020/02/pax-corner-wardrobe-35mm.html

16 gennaio 2020

Prestazioni, RAM e XMP su portatile HP

Recentemente, per lavoro, ho indagato alcuni strumenti per documentare le caratteristiche e misurare le prestazioni di un computer.

Ad esempio, uno strumento gratuito che documenta le caratteristiche della CPU e della RAM di un PC si chiama CPU-Z. L'ho installato sul portatile del lavoro, l'ho lanciato e mi ha descritto nei minimi dettagli la configurazione del portatile che utilizzo.


Uno strumento gratuito per misurare le prestazioni di un sistema Windows è UserBenchmark .

Anche questo si scarica, si installa e si lancia, e in automatico parte con una serie veloce di verifiche. I risultati vengono caricati sui propri server e visualizzati dal loro sito web.

Mi ha verificato la CPU, la RAM e il disco rigido, e per ciascuno ha fornito un indice che ha confrontato con quelli del suo database, ossia degli altri utenti che hanno utilizzato il programma.

Il risultato dei test sulla RAM mi segnala che l'indice misurato è inferiore alla media, e forse anche alle possibili prestazioni dei componenti.


Mi dice di verificare se è abilitato l'XMP.


Ma cos'è l'XMP?  E dove si accende?

Wikipedia ci illumina, come anche il sito Tom's Hardware.

XMP è una sigla che si traduce in: Extreme Memory Profile. Si tratta di un settaggio nel BIOS che consente di alla CPU di accedere alla RAM con frequenze più elevate di quelle 'standard'.

Più fatti, meno parole: decido di entrare nel BIOS del mio portatile e verificare se questa impostazione è abilitata o meno.

La prima difficoltà sta proprio nell'accesso ai parametri del BIOS. Devo riavviare la macchina e premere un tasto che potrebbe essere ESC, F2, F6 o F10 o DEL.

Dopo alcuni tentativi e ricerche su internet, scopro che per gli HP Notebook 15, il tasto corretto è ESC, da premere varie volte al riavvio. Se sono stato abbastanza veloce e insistente, mi propone un menù, tra le cui voci vi è "BIOS Settings" con il tasto F10.

Una volta entrato cerco la voce XMP.

Con notevole sorpresa, scopro che le impostazioni possibili sono meno di 10. Dove saranno scomparse tutte le altre voci? E soprattutto, perché non vedo XMP?

La risposta la trovo in un forum di utenti HP, in una discussione del 2014, riconfermata in una del 2019 :
HP does not usually provide a XMP Bios based setting.
I computer HP sono progettati per funzionare con i settaggi di fabbrica, che sono testati e garantiti. Niente overclocking, nessuna personalizzazione della scheda madre.

Quindi, in sostanza, ho fatto un bel giro a vuoto. L'ottimizzazione delle prestazioni non è una priorità per i muletti del lavoro. Se volete un PC performante, fate meglio ad assemblarlo da voi stessi.


01 gennaio 2020

Montessori, Mason, Steiner

Vi ripropongo, per sommi capi, un articolo divulgativo di Jean Miller sui diversi approcci alla scuola in casa, che ho trovato in inglese.


Un confronto tra metodi di scuola in casa: Charlotte Mason, Montessori e Steiner

Prima di avere figli, ho studiato didattica a scuola. Mi hanno insegnato che i bambini inseriti in una didattica della manualità hanno risultati migliori di quelli che non lo sono.

Così, quando arrivarono dei figli e decidemmo di fare scuola in casa, mi applicai per capire meglio questi approcci che favoriscono la manualità. Sapendo che i metodi di Charlotte Mason, Montessori e Steiner/Waldorf sono tutti esperienziali e rispettano l'individualità del bambino, ho cercato di rapportare questi approcci con le esigenze della nostra famiglia.

Oggi condivido con voi quello che ho imparato.

La mia esperienza personale

Ho sperimentato ognuno di questi metodi in misura maggiore o minore: proverò a raccontarvi le mie impressioni.

Dopo la laurea, ho lavorato per un anno in una classe Montessori 3-6 anni, e, per alcuni anni successivi, ho venduto materiali Montessori artigianali.

Ho usato alcuni materiali di Charlotte Mason a casa nostra quando i ragazzi hanno cominciato la scuola media e oltre.

Ma il grosso della mia esperienza è con il metodo Steiner/Waldorf perché è quello che ho scelto per la nostra famiglia. Ho educato tre figli a casa per più di venticinque anni e condotto lezioni ispirate al metodo per parecchi piccoli gruppi. 

Le radici storiche

Al di là delle mie esperienze personali, cerchiamo di capire le origini di questi metodi.

I proponenti di questi approcci condividevano tutti l'aspirazione di combattere una istruzione "industriale", cioè la tendenza a formare i bambini per un impiego specifico nel mondo del lavoro, fin dalla tenera età.

Nessuno di loro ha promosso l'uso di libri di testo o delle verifiche. Nonostante fossero di paesi diversi (Inghilterra, Italia, Germania), tutti desideravano profondamente costruire un mondo migliore.

Ciascuno di loro ha creato un metodo che promuove la natura spirituale e fisica del bambino, a partire da un fondamento di arti liberali

Per questi motivi ho un profondo rispetto per tutti e tre gli approcci.

Il metodo di Charlotte Mason

Il metodo di Charlotte Mason fu il primo dei tre, presentato nel libro Home Education del 1886. In Inghilterra la Mason creò un movimento (Parents' Educational Union)  per aiutare i genitori ad istruire i figli in età prescolare a casa o in piccoli gruppi.

Charlotte Mason sosteneva che i genitori dovevano essere i primi insegnanti dei propri figli, e quindi avrebbero beneficiato dalla comprensione dei principi fondamentali dello sviluppo infantile. A questo scopo pubblicava un bollettino mensile.

Oggi si trovano ancora scuole che utilizzano il metodo Mason. I suoi scritti sono stati ripubblicati negli anni '80 con rinnovato successo.

Il metodo Charlotte Mason è caratterizzato da brevi lezioni di 10 o 20 minuti per non stancare, e l'uso di "libri vivi" che insegnano "pensieri nobili", in parziale sostituzione dell'insegnamento diretto dei docenti.

Il metodo Montessori

Maria Montessori inaugurò la prima Casa dei Bambini a Roma nel 1907, per dare del "lavoro vero" a bambini che non avevano ordine e struttura nella loro vita.

Aveva scoperto che, fornendo a questi bambini, provenienti da famiglie di basso reddito, materiali presi dal "mondo reale", si sviluppavano e rimanevano concentrati per ore. Giunse alla conclusione che i bambini preferiscono fare cose "vere" rispetto al gioco di fantasia.

Il metodo Montessori è caratterizzato da bellissimi materiali didattici che contengono un metodo di "controllo dell'errore", che consente ai bambini di lavorare da soli e di verificare il proprio operato.

In una classe montessoriana, i bambini imparano "da soli" in un ambiente "preparato" dopo che l'insegnante ha impostato i materiali e trasmesso le attività. I bambini apprendono utilizzando i cinque sensi, al proprio ritmo. Dagli ultimi anni delle elementari i ragazzi lavorano in maniera indipendente a progetti di ricerca.


Il metodo steineriano


Rudolf Steiner aprì la prima Scuola Waldorf nel 1919 per i figli degli operai. Il suo obiettivo era di educare alla libertà e all'apertura del cuore attraverso le arti nel contesto dell'Europa del primo dopoguerra. (vedi articolo di Wikipedia)
Il suo approccio inserisce le arti in ogni lezione come mezzo per rafforzare la volontà e portare gioia nell'apprendimento.

Un asilo steineriano presenta molti oggetti naturali da manipolare e giochi aperti che i bambini possono utilizzare per ricreare scene di vita reale e dei racconti.
Nel corso delle elementari, le materie vengono insegnate utilizzando racconti, e i bambini registrano le cose imparate usando il disegno e la scrittura nei quaderni assemblati da loro stessi, detti quaderni della lezione principale. Questi quaderni autocostruiti sostituiscono i libri di testo e le schede.

Differenze e somiglianze tra gli approcci

E' interessante notare che tutti e tre i metodi sono favorevoli ad un ambiente 'casalingo' negli anni dell'infanzia, e a passare molto tempo all'aperto. Questo è sicuramente possibile a casa!
Negli anni delle elementari, le differenze principali si notano nella quantità di tempo dedicato al lavoro indipendente e da chi o cosa arriva l'insegnamento.
Montessori incoraggia maggiormente l'apprendimento autonomo e i materiali hanno il compito di insegnare.
Con l'approccio di Charlotte Mason, l'insegnamento è delegato ai libri.
Nella pedagogia Waldorf si privilegia l'interazione personale e l'insegnamento avviene attraverso un canale umano.
Ho imparato che la quantità di lavoro autonomo può essere tarato a casa in base alle esigenze della specifica famiglia. In generale, più sono i bambini e le resposabilità gestite da Mamma, più è costretta a trovare modi e situazioni in cui l'apprendimento avviene in autonomia, specialmente quando i ragazzi crescono.
E questo non è una cosa negativa. Anzi, l'obiettivo è di formare uno studente autonomo per quando lascerà casa per andare al college.
Tra i tre metodi, Waldorf e Charlotte Mason si assomigliano di più nell'approccio all'apprendimento. Nella scuola Waldorf, le arti costituiscono una parte importante di ogni lezione e contribuiscono a rinforzare la volontà del bambino. Charlotte Mason sosteneva che le abitudini allenano la volontà.
In entrambi i metodi le lezioni vengono costruite attorno ai 'libri vivi' e racconti elaborati. 
La differenza principale sta nella lunghezza delle lezioni: per Charlotte Mason, devono essere brevi e passare spesso da un argomento ad un altro. Nel metodo Steiner le lezioni durano da un'ora e mezza a due ore e affrontano lo stesso argomento per settimane, come nei testi della scuola tradizionale.


Il pezzo originale:

Comparing Homeschooling Methods: Charlotte Mason, Montessori, and Waldorf

https://ihomeschoolnetwork.com/comparing-homeschooling-methods/

Se volete una traduzione più completa, basta aprire l'articolo in Chrome e chiedere al browser di tradurvi la pagina... :-)


13 ottobre 2019

Manutenzione della bicicletta fai-da-te: costi e attrezzatura

Supponiamo di convincerci che la bicicletta sia un mezzo di trasporto efficiente, economico e salutare. Potremmo fare degli esperimenti, e noleggiarla o farcela prestare da un parente o amico.

La bicicletta ci dà soddisfazione: giriamo per la città, andiamo dove le auto non possono andare, a volte superiamo le auto in coda. Magari si riesce a fare un giro fuori città. A volte torniamo a casa che ci sembra di aver fatto lavorare il nostro motore interno, con beneficio della circolazione e dell'autostima.

Ad un certo punto, decidiamo di buttarci nella mischia, e di diventare proprietari di una bici.
Supponiamo di acquistare una bicicletta da città o da escursionismo. Facciamo un investimento di capitale.


Protezione dell'investimento

La prima necessità che ha un mezzo meccanico come la bicicletta è di avere una casa, o un posto che la tenga per quanto possibile pulita e riparata.
Qui si aprono molti fronti, ma per la maggior parte dei possessori, non vi è molta scelta:
  • All'esterno ed esposta
  • All'esterno ma riparata
  • All'interno in ambiente non abitabile (garage, cantina, sottoscala)
  • In casa
Solitamente la scelta sarà obbligata, e sarà la migliore possibile in relazione all'entità dell'investimento iniziale. Vorrei farvi notare che, in generale, i metri quadrati e il volume occupato dalla bici, solitamente, non sono gratuiti. Inoltre, se non è dietro una porta sicura, sarà necessario investire in qualche sistema che ne scoraggi il furto.  A questo discorso ho accennato altrove, e mi propongo di affrontarlo ancora, magari citando dei numeri. In linea generale, più la bici rimane esposta, maggiore sarà il suo degrado meccanico e di conseguenza l'investimento necessario per tenerla in efficienza.

E se si rompe?

Prima o poi, se effettivamente maciniamo dei chilometri, arriva il doloroso momento del guasto, del cigolio, della bucatura.

Se siamo alle prime armi, ci affidiamo al nostro fedele meccanico, o all'officina più vicina, e cominciamo con la fase OPEX dell'investimento, cioè dove sborsiamo per manutenere o gestire il prodotto acquistato.

Ma succede che l'officina ha tempi lunghi, o è lontana, o semplicemente è domenica ed è chiusa, e s'insinua nella nostra mente il pensiero che certi lavori potremmo farli noi.

E qui inizia il divertimento.

Dopo anni di manutenzione fai-da-te delle nostre biciclette, ho cominciato a notare quanti ferri e quanti accessori ho accumulato e utilizzo per la manutenzione, e a volte mi sono anche chiesto se ne valesse la pena, e che investimento secondario avessi fatto per vedere così raramente il nostro amico dell'officina. Per non parlare dello spazio occupato da attrezzi, pezzi di ricambio e rottami, che, non si sa mai, potrebbero tornare utili...

Manutenzione: livello zero

Il primo intervento che dovrebbe saper fare qualunque pedalatore è mantenere la pressione delle gomme.
Attrezzatura necessaria: una pompa.

Opzioni Costo Ingombro Pro Contro
Pompetta a mano 5-15 Eur Cassetto Trasportabile Poco potente
Pompa a colonna 15-50 Eur 1 piastrella (0,04 mq) Più comoda e potente Non trasportabile
Compressore 50-150 Eur 10 piastrelle (0,4 mq) Si può usare anche per l'auto Ingombrante

30 settembre 2019

il signor Wong e altri blogger

Qualche tempo fa ho scritto una paginetta su SPF e i relativi meccanismi per difendersi da certi tipi di spam. Quella pagina era discorsiva, ma anche abbastanza tecnica e circoscritta ad un argomento molto specifico.

Questa pagina invece non ha un oggetto preciso, anzi, vaga qui e lì nel cyberspazio e tra le idee, senza arrivare a conclusioni.

Uno dei primi promotori ed esperti di SPF è stato il signor Wong, all'anagrafe Meng Weng Wong, che giustamente ha la sua voce su Wikipedia, ma solo in inglese.

E' nato a Singapore, da una famiglia colta e abbiente che gli ha pagato gli studi presso prestigiose scuole internazionali. Un ragazzo brillante, ha presto trovato i suoi spazi negli Stati Uniti d'America e su internet. Nel 1994 ha avviato una azienda che offriva servizi di email, e nel 2003 ha guidato il gruppo di progettazione dello standard SPF.

Dal 1999 al 2019 ha avuto il suo spazio personale su internet, ora scomparso, ma che si può trovare sul museo di internet, anche detto Internet Archive, o Way Back Machine. Qui, una delle ultime versioni, a quanto pare non più aggiornata dal 2008.

La home page del suo sito contiene alcune righe un po' CV, un po' diario, in cui indica che la sua presenza su internet è sparpagliata tra vari siti:
my distributed online identity touches Flickr, Twitter, Facebook, LinkedIn, and LiveJournal.
e, in particolare una riga, in cui indica che dal 2005 ha incominciato a tenere un blog.
20051029: I blog.
Il blog del 2005 si trova su livejournal.com, che è ancora vivo. LiveJournal nasce nel 1999 ed è descritto su questa pagina di Wikipedia. E' una sorta di FB allargato, dove invece di postare solo la foto, ci si dilunga anche con del testo, ma ci sono gli amici e gli amici degli amici.

L'ultimo post di Meng Wong su LiveJournal è del 2014, in cui parla di Bitcoin, tasse e sistemi di voto.

In particolare accenna al modo di fare politica chiamato "Dollar voting", che descrive i sistemi politici controllati da chi ha più soldi, cioè dove i ricchi hanno più peso nella scelta dei governanti.

Nella sua chiacchierata, cita un blogger italiano, Andrea Mairate, che in un breve articolo del 2012 critica il sistema di voto per delega transitiva, e voto proporzionale alla tassazione.

Guarda un po', Andrea Mairate, professore di economia, ha scelto la piattaforma Blogger per scrivere.

Così, torniamo in Italia e si completa il giro su Blogger, e anche voi potete tornare a cose più serie.

Altro italiano su Blogger: Andrea Biffi, fotografo, insegnante e fai-da-te

Detective informatici di Google: Project Zero, indagine su alcuni attacchi a IOS

18 settembre 2019

Copertoni anti-foratura fai-da-te

Come vi raccontavo in un post di due anni fa, l'estate e l'autunno sono, nelle nostre zone urbane, la stagione del Tribulus, il terribile fora-gomme o buca-bici, maledizione dei ciclisti e fortuna delle officine di riparazione.

Il Tribulus aspetta l'ignaro ciclista lungo i marciapiedi, le ciclabili e i sentieri urbani e non lascia scampo ai poveri indifesi copertoni della maggioranza delle biciclette da città.

Da tempo, stufo di riparare e sostituire camere d'aria, mi sono dedicato all'arte e alla scienza del rinforzo del copertone.

I ciclisti con la bici da corsa mi dicono che tenendo la pressione sui 7-8 bar, la gomma diventa talmente dura da respingere le spine.

Per le umili bici da città, a mio modesto parere, la difesa più efficace contro le spine infide del Tribulus è lo spessore del copertone. Questa è l'idea dietro la maggior parte dei copertoni anti-foratura in commercio, che ho già ampiamente pubblicizzato, tra cui gli Schwalbe Marathon e i Hutchinson Urban Tour.

Ho provato con le strisce di plastica di Decathlon, ma onestamente lo spessore mi è parso troppo esiguo (circa 1mm) per essere utile. Potrebbe funzionare facendo tre o quattro giri.



Per alcuni anni ho utilizzato delle strisce di moquette sintetica, spesse 2-3mm. Dopo un annetto circa, lo spessore si riduce notevolmente, fino a diventare inefficace.


I risultati migliori li ho ottenuti riciclando vecchi copertoni, a cui tagliavo la spalla, lasciando solo il battistrada. Spesso è necessario ridurre il diametro esterno del copertone, tagliando via quanto necessario per riuscire ad alloggiarlo all'interno del copertone da proteggere.


Nella foto sopra vedete il battistrada di un copertone da 28' alloggiato dentro un copertone del 26' di una MTB.

In quella sotto, un copertone MTB da 24', senza spalla e accorciato, dentro un 24'. Questa sistemazione non è ideale perché la tacchettatura del copertone riciclato, messa dentro, fa diventare un po' quadrato il copertone esterno. Però vi posso garantire che ha tenuto un paio d'anni prima di forare. :-)


(vedi anche post di aggiornamento del 2022)

02 settembre 2019

SIM Vodafone su Android: numero sconosciuto

Da quest'estate ho una carta SIM nel telefono che apparentemente non conosce il proprio numero.

Il telefono è gestito da Android 9. Ecco la schermata:



Si tratta di una SIM di Vodafone, che è andata a sostituire una SIM TIM, che non aveva questo 'problema'.

Ci sono alcune (rare?) situazioni in cui App o dispositivi esterni vogliono conoscere questo numero.

Nel mio caso, ad esempio, una App di terze parti che uso per lavoro, mi chiede il numero di telefono e poi mi dice che è sbagliato, perché non coincide con quello che riferisce il sistema operativo (ossia 'nulla' o 'sconosciuto').

Da chi dipende questo stato di cose? Posso modificare questa impostazione?

Leggere la SIM

Android 9 non prevede che questa voce sia modificabile. D'altronde, se l'informazione è gestita dalla SIM e il sistema operativo la legge dalla SIM, è anche ragionevole che sia così.

Questa ipotesi mi è stata fornita da questo forum di google (in inglese), che suggerisce di scaricarsi una App di terze parti per leggere i dati della SIM.

Per conferma, ho installato un App che legge i dati delle SIM

L'App mi conferma che il numero non è scritto, e anzi mi avvisa che, anche se fosse scritto, è solo un campo informativo, non obbligatorio, e non necessariamente corretto.

Da questo deduco che Vodafone, a suo piacimento, omette di scrivere il numero nel campo apposito, sulla SIM.

Potrei scriverlo io sulla SIM?

Scrivere sulla SIM

Secondo questo forum di Android, se hai i permessi di root, potresti scrivere sulla SIM. Potresti installare delle versioni del sistema operativo o delle applicazioni  di terze parti che consentono di modificare i campi scrivibili della SIM.

Una alternativa potenzialmente più semplice potrebbe essere quella di utilizzare un dispositivo non Android per scrivere sulla SIM. Ad esempio, un risponditore suggerisce di utilizzare un vecchio telefono Nokia per compilare il campo.

Non ho potuto verificare nessuna di queste alternative, per ora. Se dovessi sperimentare qualche sistema, vi aggiornerò.

Aggiornamento: Ho provato con un iPhone 4S, IOS 9. Non è ammessa la modifica del campo del numero di telefono. Su alcuni forum sostengono che il 3S fosse capace. Altrove si nominano i Nokia e il Panasonic T50.

Aggiornamento: Ho provato con un Samsung E1190 (del 2011) e un Nokia 2600 (del 2004) ma nessuno dei due ha l'opzione. Comincio a pensare che non sia così semplice...

Torna alla ribalta l'opzione di utilizzare un framework applicabile agli Android con permessi di root. Si chiama Xposed, e alcune nozioni le troviamo su questo post del sito WIZBLOG.it
Tra i moduli disponibili, un modulo specifico per poter modificare il campo del numero sulla SIM.

Aggiornamento: Ho provato con un Sony Xperia E4 Dual rootato, con Android 4.4 su cui ho installato Xposed in formato APK, (XposedInstaller_v2.6.1) e il modulo SIM editor - (com.gnufabio.simeditor_v21_e607ae.apk). Funziona!